Sinfonia n. 1 in do maggiore (1855)
I. Allegro vivo
II. Adagio
III. Scherzo. Allegro vivace - Trio
IV. Finale. Allegro vivace
Concerto diffuso in diretta radiofonica su RSI Rete Due (rsi.ch/rete-due). Il concerto è inoltre diffuso da Radio Latvia 3 'Klasika' e da Radio România Cultural nell’ambito dell’offerta Euroradio.
Il biglietto di questo concerto vale come titolo di trasporto valido nella data del concerto indicata in tale biglietto, quale carta giornaliera Arcobaleno, tutte le zone, in seconda classe (2.)(TK)(V).
Jeu de cartes balletto in tre mani
Prima esecuzione: New York, Metropolitan Opera, 27 aprile 1937. Direttore Igor Stravinskij
Il ritorno di Stravinskij alla musica per balletto in una partitura ricca di echi e citazioni, dal ritmo infallibile.
Concerto per pianoforte e orchestra in la minore op. 54
Prima esecuzione: Dresda, Hotel de Saxe, 4 dicembre 1845. Direttore Ferdinand Hiller, solista Clara Schumann
La testimonianza dell’amore di Robert per Clara in un concerto dalla perfetta compattezza musicale e stilistica.
Sinfonia n. 1 in do maggiore
Prima esecuzione integrale: Basilea, 26 febbraio 1935. Direttore Felix Weingartner
Tra Mozart, Gounod e Rossini, una sinfonia che indica un’“altra via” rispetto al modello tedesco dominante.
È sempre un grande piacere per me tornare a Lugano con l'Orchestra della Svizzera italiana, circondato da musicisti pieni di calore ed entusiasmo.
Il programma che vi proponiamo questa sera mi sta particolarmente a cuore, con opere ricche e variate. Cominceremo con Jeu de Cartes di Stravinskij, un balletto dalla musicalità vivace e piena d’inventiva. Ho anche il piacere di tornare a condividere il palcoscenico con Martha Argerich, che ha un rapporto unico con Lugano grazie ai suoi molti anni al Progetto che portava il suo nome.
La serata proseguirà con la Sinfonia di Bizet, un'opera che richiede sensibilità musicale e padronanza tecnica, tutte doti che l'OSI incarna alla perfezione.
Infine, sono lieto che questo programma possa viaggiare fino a Basilea, in tournée sabato 23 novembre, e attendo con impazienza i nostri futuri progetti con questa straordinaria Orchestra.
Buon ascolto!
Charles Dutoit
«Sono sempre stato attratto dal gioco d’azzardo - scrisse Stravinskij in Themes and conclusions (1972) - e ho giocato a carte per buona parte della mia vita... Le origini del balletto, nel senso della mia attrazione verso questo soggetto, sono tuttavia precedenti alla mia esperienza di giocatore e si possono far risalire probabilmente alla mia infanzia, durante le vacanze in una stazione termale tedesca. […] Mi ricordo ancor oggi, come il giorno in cui scrissi la musica, il modo in cui il maestro di cerimonia di una di queste sale annunciava, con voce da trombone, “Ein neues Spiel, ein neues Glück” (“Nuova mano, nuova fortuna”). Il ritmo e la strumentazione del tema con cui inizia ognuna delle tre "mani" del mio balletto sono l'eco o l'imitazione del tempo, del timbro, in effetti dell'intero carattere di quell'enfatico proclama».
Ecco spiegata, con le parole dell’autore stesso, la genesi di Jeu de cartes, con cui nel 1936 Stravinskij tornava al balletto (dalla morte di Djagilev, nel 1929, il suo unico contatto con il genere era stata l’ibrida Perséphone) su commissione di Lincoln Kirstein per il neonato American Ballet di George Balanchine. In una sorta di ribaltamento etico della prospettiva dell’Histoire du soldat, dove il male vince sul bene, qui è il perfido Jolly, il protagonista che si crede invincibile, a soccombere ad una scala reale di cuori nella terza mano, dopo aver trionfato nelle prime due. Fra citazioni del Barbiere rossiniano, della Valse di Ravel e del Pipistrello di Strauss II, la musica si presenta brillante e senza sovrastrutture intellettuali (come invece avveniva in Apollon musagète), con un’orchestra di organico e proporzioni classiche, in un turbinio di echi e riferimenti nostalgici alla Belle Époque: eppure, come scriveva Massimo Mila, «tutti questi elementi, malinconici residui di ciò ch'era stata la gaiezza musicale di un'epoca, sono triturati e saldati insieme, in prodigiosa unità stilistica, dall'unico comun denominatore del ritmo: quel ritmo stravinskiano a macchina da cucire».
Il celeberrimo Concerto per pianoforte di Schumann è invece una testimonianza d’amore per la moglie, Clara: la tonalità di la minore rimanda sia al Concerto da lei stessa composto sia (assieme alla relativa maggiore, Do), alle lettere presenti nel suo nome (secondo la notazione tedesca): tanti musicologi si sono appassionati a proseguire l’indagine, tra la presenza di uno dei “temi di Clara”, diffusi in tutto l’opus schumanniano e la citazione dell’aria di Florestano dal Fidelio, simbolo dell’amore coniugale. Ma la vera novità di questo Concerto è la sua assoluta unitarietà motivico-tematica, con una compattezza singolare e un rapporto tra solista e orchestra talmente fitto che la stessa Clara lo sottolineò nei suoi Diari. Nato come Phantasie per pianoforte e orchestra in un solo movimento nel 1841 (l’anno seguente al matrimonio della coppia), venne ampliato quattro anni dopo nella forma definitiva in tre parti, senza che si avverta alcuno stacco formale e anzi, la lunga frase dei violoncelli nell’Intermezzo è un «vero e proprio inno all’amore» (Rattalino): segue senza interruzione un Finale che, in modo tipicamente schumanniano, esprime l’esaltazione passionale e l’anelito di vita, fino ad una coda di coinvolgente virtuosismo.
Pochi anni dopo (nel 1855), a Parigi si dava la prima esecuzione della Sinfonia n. 1 in re di Charles Gounod, che da vari commentatori (incluso il collega Adolphe Adam) venne vista come la fondazione di una nuova estetica sinfonica, in opposizione alla scuola tedesca: il 17enne Georges Bizet ne realizza una trascrizione a quattro mani e decide di scrivere una propria sinfonia a partire da quel modello. La intende come un esercizio senza pretese, e difatti non venne mai eseguita vivente l’autore: il manoscritto verrà ritrovato tra le carte dell’amico Reynaldo Hahn solamente nel 1933 e la “prima” si terrà a Basilea due anni dopo. Come in Jeu de cartes, anche qui torna l’eco rossiniana: ma non come citazione in stile neoclassico, bensì come modello di un dinamismo leggero e frizzante, tanto che nell’Allegro vivace finale Bizet riutilizza un tema della sua opera buffa all’italiana, Don Procopio. Per il resto, la Sinfonia è un modello di equilibrio e freschezza, secondo la tradizione mozartiana e, a livello strutturale, gli insegnamenti di Gounod: ad esempio l’uso del fugato nel movimento finale, scevro di ogni pesantezza dottrinale. Per la trasparenza orchestrale e la splendida caratterizzazione timbrica, questa Sinfonia di Bizet rimane un unicum: come scrisse un commentatore francese, «pur non presentando alcuna vera innovazione, questa sinfonia ci appare come se non ne fossero state scritte altre prima».
Nicola Cattò
Ruolo
Direttore
Ruolo
Pianoforte
Orchestra residente al LAC (Lugano Arte e Cultura) di Lugano, prosegue il suo cammino di successo sotto la bacchetta di Markus Poschner, direttore principale dal 2015.
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