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Sol Gabetta

Sol Gabetta
Krzysztof Urbański Direttore
Sol Gabetta Violoncello
Orchestra Sinfonica del CSI Orchestra
Musiche di: W. Lutosławski, D. Šostakóvič

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In coproduzione con
conservatorio

gio 02.10.2520:00

OSI al LAC

LAC, Lugano

Programma

Witold Lutosławski
(1913 – 1994)

Concerto per violoncello e orchestra (1970)

  1. I. Introduzione

  2. II. Quattro Episodi

  3. III. Cantilena

  4. IV. Finale

24’



Dmitrij Šostakovič
(1906 – 1975)

Sinfonia n. 5 in re minore op. 47 (1937)

  1. I. Moderato

  2. II. Allegretto

  3. III. Largo

  4. IV. Allegro non troppo

45’


Concerto diffuso in diretta radiofonica su RSI Rete Due (rsi.ch/rete-due)


Il biglietto di questo concerto vale come titolo di trasporto valido nella data del concerto indicata in tale biglietto, quale carta giornaliera Arcobaleno, tutte le zone, in seconda classe (2.)(TK)(V).

Witold Lutosławski

Concerto per violoncello e orchestra

Prima esecuzione Londra, Royal Festival Hall, 14 ottobre 1970. Direttore Edward Downes, solista Mstislav Rostropovič

Dal 1997, per iniziativa di Kazimierz Michalik, si tiene a Varsavia il Concorso Internazionale di violoncello Lutosławski, che premia giovani violoncellisti di tutto il mondo. Nella fase finale del concorso, essi eseguono tutti il Concerto del compositore polacco, ormai diventato un classico del repertorio moderno.

Dmitrij Šostakóvič

Sinfonia n. 5 in re minore op. 47

Prima esecuzione Leningrado, Grande Sala della Filarmonia, 21 novembre 1937. Direttore Evgenij Mravinskij

Ricordava, uno dei più intimi amici di Šostakóvič, Isaak Glikman, nelle note al loro Epistolario, che l’intero uditorio di Leningrado dimostrò un entusiasmo straordinario per la Quinta sinfonia: «Fui colpito dal fatto che durante il terzo movimento, il Largo, molte persone erano in lacrime, uomini e donne». A Mosca stessa reazione. Il grande violinista David Oistrakh ricordava di aver visto la figura maestosa dai capelli bianchi di Vladimir Nemirovič Dančenko, il fondatore con Stanislavskij del Teatro d’Arte di Mosca, andare sotto il palcoscenico ed applaudire entusiasta.

Che le danze abbiano inizio, Con Folclore!

Caro Pubblico,
Cari amanti della Musica,
Cari amici dell’OSI,

Questo è il momento in cui si mette per iscritto un lungo percorso fatto di idee, confronti, scambi e incastri, con l’obiettivo di incuriosirvi e tenervi vicini a noi, come lo siete stati con affetto e costanza in tutti questi anni. È una responsabilità tanto grande quanto bella, e sentire i vostri applausi a fine concerto è il regalo più grande che possiate fare alla musica e, naturalmente, a noi. Un’orchestra non è soltanto un insieme di musicisti: è un organismo vivo che riflette, interpreta e arricchisce la società in cui opera. Un’orchestra è in grado di stimolare un pensiero critico, educare, offrire spazi e momenti di incontro tra generazioni, storie e visioni diverse. Un’orchestra locale rappresenta un punto di riferimento per la comunità attraverso le sue stagioni, la mediazione culturale, l’inclusione, le collaborazioni con altre realtà culturali e non del territorio e contribuisce in modo molto concreto alla crescita culturale, civile ed economica della collettività. Il valore di un’orchestra va oltre i confini geografici; ogni tournée e ogni collaborazione internazionale trasformano l’OSI in ambasciatrice culturale, che porta  con sé non solo una tradizione musicale, ma anche una visione del mondo fondata sull’apertura, sul rispetto e sulla condivisione. Questo è il nostro lavoro: fare musica non è solo un atto artistico, ma un gesto sociale e culturale.

"Con folclore" è il titolo della prossima stagione, ed è attorno a questa parola chiave che si sviluppa il suo percorso musicale. Il termine “folclore” va ben oltre il semplice riferimento all’influenza della musica tradizionale su quella colta: rappresenta l’insieme vivo di credenze, valori, riti e tradizioni orali che un popolo trasmette per dare senso alla propria esistenza e rafforzare la propria identità collettiva. Questo è ciò che i compositori protagonisti di questa stagione hanno cercato di trasmettere: c’è chi ha citato integralmente brani della propria tradizione e chi, ispirandosi ad essa, ha creato un linguaggio musicale personale e originale. Il folclore custodisce esperienze storiche, paure, speranze, simboli e visioni del mondo: archetipi, rapporti con la natura, dimensioni religiose... in sintesi, il folclore è la voce profonda di un popolo, la voce che racconta chi siamo.

Che le danze abbiano inizio, Con Folclore!

Barbara Widmer
Direttore artistico OSI

Samuel Flury
Direttore amministrativo OSI

La drammaturgia di Lutosławski

Per chiarire le situazioni musicali del suo Concerto per violoncello e orchestra, composto da quattro movimenti senza soluzione di continuità (Introduzione, Quattro episodi, Cantilena e Finale), Witold Lutosławski inviò una descrizione “un po’ pittoresca”, indicando l’approccio giusto agli esecutori. Scrisse quasi la drammaturgia di un brano di teatro astratto dove l’individuo (violoncello) cerca di esprimere un messaggio continuamente aggredito da un collettivo (orchestra): per il dedicatario Rostropovič era la rappresentazione metaforica del conflitto fra individuo e società nell’era comunista.

Una cadenza del solista ripete gesti variegati e spesso ribatte la nota re in maniera “indifferente”, «come un momento di distrazione. L’esecutore abbandona subito questo stato mentale quando qualcosa d’altro comincia (…) il passaggio ad uno stato di concentrazione è spesso brutale». «Parecchi messaggi – continua Lutosławski  - arrivano nell’Introduzione alle indicazioni “grazioso”, “un poco buffo ma con eleganza”, “marziale” in senso figurato. L’ultimo momento di distrazione è differente, come se il violoncello, obbligato a suonare in modo monotono, cercasse di cambiare suonando in modo ingenuo, sciocco. In quel momento le trombe lo fermano con le loro frasi “arrabbiate”. Dopo una pausa il violoncello inizia il primo degli Episodi invitando alcuni strumenti ad un dialogo animato. Gli ottoni pongono fine all’Introduzione».

«La Cantilena – conclude il compositore nella sua descrizione - inizia e sviluppa una solida linea melodica. Per fermarla non bastano gli ottoni. Questa volta gli interventi “arrabbiati” appaiono come un ampio tutti orchestrale e così inizia il Finale, dove comincia una specie di sfida tra solista e orchestra: dopo tre rapide sezioni il solista viene attaccato da piccoli gruppi strumentali. Alla fine l’orchestra prevale, raggiungendo un climax, dopo il quale il violoncello mormora una frase lamentosa. Qui si sarebbe potuto finire. Ma invece di una conclusione cupa, scatta una rapida Coda il cui tono trionfante è come se avvenisse al di là dell’evento che si è appena compiuto. Richiama l’atmosfera brillante dell’inizio».

Giovanni Gavazzeni

Una sinfonia per sfuggire al Terrore

La Quinta sinfonia di Šostakovič è senza dubbio una delle più grandi sinfonie mai scritte - ed è anche una delle mie preferite. Questo autentico capolavoro è uno specchio del mondo in cui viveva il compositore, che vi descrisse attraverso la musica e la sua personale prospettiva la realtà quotidiana della Leningrado del 1937, per lui “il peggiore di tutti i tempi" possibili. Dopo la “prima” di Lady Macbeth di Mzensk e la condanna ufficiale dell'opera, scatenata dalla furiosa reazione di Stalin, il partito lo stava monitorando con grande severità: Šostakovič fu persino convocato per un interrogatorio, ma si salvò grazie a un colpo di fortuna, visto che chi avrebbe dovuto interrogarlo era appena stato arrestato.

Ogni giorno il compositore temeva per la propria vita, nonché per la sicurezza della sua famiglia: e a ragione, poiché durante il 'Grande Terrore' molti cittadini sovietici venivano fermati senza preavviso, giustiziati in segreto o internati nei Gulag. Manteneva sempre, giorno e notte, una valigetta pronta per questo - apparentemente inevitabile - arresto.

La continua minaccia non pose tuttavia fine al suo bisogno di comporre: doveva trovare un modo per convivere con questa tensione, scrivendo una musica che piacesse alle autorità e tenesse a distanza il rischio di critiche pubbliche. Anche la sua Quarta Sinfonia era stata denunciata per le dissonanze, l’atmosfera cupa e il finale, che sprofonda nel silenzio. Così il compositore semplificò consapevolmente il suo linguaggio musicale, allo scopo di creare un'opera che potesse essere definita “accessibile” dal partito: doveva essere percepita come pervasa da uno spirito positivo e con un finale trionfale e imponente.

A questo punto, si potrebbe immaginare che circostanze così preoccupanti avessero ormai rovinato il giovane e talentuoso compositore, trasformandolo in una sorta di agente della propaganda sovietica. A prima vista, la Quinta sembra infatti piena di virtuosismo orchestrale, ottimista, “felice”.

Al contrario, credo che questa sinfonia sia in realtà estremamente tragica: se la si osserva da vicino, se ne scoprono molti livelli di lettura, come nelle matrioske, le bambole russe incastrate una dentro l'altra, mentre – e questo è l'aspetto più affascinante – i pensieri più personali del compositore restano celati fra le note.

La sinfonia – almeno a mio parere – sembra divisa in due parti principali. Nei primi due movimenti Šostakovič descrive il mondo dalla prospettiva di un osservatore-narratore distaccato. È come se fosse seduto sul davanzale di una finestra e guardasse fuori, verso un mondo bizzarro e disordinato, che si presenta in tonalità smorzate di bianco e nero: un mondo che appare privo di ogni speranza. Nel primo movimento, ogni frase si leva in realtà piena di speranza, ma poi ricade in uno stato di pessimismo depressivo. Anche il secondo movimento, Allegretto, nasconde un messaggio: esternamente potrebbe sembrare una commedia, uno scherzo, ma dobbiamo tenere a mente che il sarcasmo, l'ironia e il grottesco, in un ambiente così disumano - dove dire la verità mette a rischio la propria vita - possono diventare mezzi per nascondere la realtà. È come se qui Šostakovič ci facesse vedere il mondo attraverso lo specchio deformante di un carnevale: come se un valzer tratta da un balletto di Cajkovskij – il più elegante dei balli in società – venisse eseguito da un gruppo di ubriachi miserabili e laceri, in una strada sporca e fangosa.

A mio avviso, la chiave dell'intera sinfonia si trova però nel terzo movimento. Largo. Qui il compositore ci conduce in una dimensione completamente diversa, eminentemente individuale: il dramma si svolge nella sua stessa anima. Si tratta sicuramente della musica più personale che abbia mai scritto. L'intero movimento è una preghiera, un dialogo con il suo “io” più profondo: sembra svolgersi in una chiesa ortodossa russa, dove gli archi imitano il suono di un coro, mentre i fiati solisti esprimono i suoi pensieri personali in modo intimo e commovente. Un movimento che si conclude con un “Amen” di due note. Dopodiché inizia la vera tragedia: l'NKVD, la polizia segreta di Stalin, entra in scena con un tema che considero un “motivo del terrore”. È davvero lui che la polizia cerca: inizia un inseguimento mortale. È affascinante analizzare le indicazioni di metronomo lasciate da Šostakovič: l'Allegro non troppo inizia con un tempo piuttosto moderato (88 quarti al minuto), ma già dall'ottava battuta il compositore chiede che si acceleri progressivamente (accelerando poco a poco). Tre battute dopo, l'inseguimento inizia con un tempo di 104 battiti al minuto, per diventare sempre più veloce ogni poche pagine: 108, 120, 126, 132 e così via, come se il compositore si voltasse per scoprire che i suoi inseguitori sono sempre alle calcagna. Allora corre sempre più veloce, finché – almeno così sembra – riesce finalmente a sfuggire ai suoi aguzzini. Ma la libertà si rivela un'illusione. Abbiamo ora raggiunto l'indicazione metronomica più veloce: 92 battiti di due quarti al minuto, quasi il doppio rispetto all'inizio. Tuttavia, poiché la musica che ora ascoltiamo – il tema minaccioso dell'inizio – è scritta con valori musicali doppiamente più lunghi, si ha l'impressione che il cerchio si sia chiuso, perché il “motivo del terrore” è ora udibile alla stessa velocità dell'inizio. Il nostro protagonista è finito in trappola e si rende conto dell'amara verità: non importa quanto veloce si corra, ti prendono sempre.

Ora inizia il lavaggio del cervello della vittima, con un ostinato “la” battuto compulsivamente dai timpani. E quando arriva la fine della sinfonia, sentiamo questo “motivo del terrore” sotto una luce completamente nuova: questo perché la tonalità brillante e aperta di re maggiore evoca l'idea di un finale trionfante. Šostakovič  stesso avrebbe però spiegato (1) che questa nota “la” dominante, ripetuta in modo costante e quasi nevrotico, ora suonata dall'intera orchestra, è come un bastone che colpisce il popolo russo e quindi anche la testa del compositore, mentre la musica ripete incessantemente: “Esultate! Esultate! È vostro dovere esultare!”. Qui Šostakovič fa riferimento alla scena dell'opera Boris Godunov di Mussorgskij, in cui i boiardi spietati picchiano la folla affinché finga di acclamare festosamente colui che pretende di essere il nuovo zar, Boris appunt – un’allusione oscura e segreta al dittatore Stalin, al suo noto bisogno di lodi unanimi e incondizionate e alla sua brutale repressione di ogni dissenso. Il compositore si descrive dunque come lo strumento impotente di un regime tirannico, che si volta docilmente per fronteggiare i suoi persecutori e ripetere loro: «Sì! Come artista sovietico, il mio dovere è esultare: il mio compito è esultare...» quando quel momento di esultanza fragorosa è in realtà la sua tragedia personale.

Krzysztof Urbański                                                                                      

1) Solomon Volkov, Le memorie di Dmitrij Šostakovič, Propyläen Verlag, Berlino / Monaco di Baviera, 2000.

Krzysztof
Urbański

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Gabetta

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CSI Evento pre concerto 06-02-2023-62-ai

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Orchestra residente al LAC (Lugano Arte e Cultura) di Lugano, prosegue il suo cammino di successo sotto la bacchetta di Markus Poschner, direttore principale dal 2015.

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