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I primi 90 anni dell'OSI

Orchestra 25 elementi
Enrico Onofri Direttore
Musiche di: Krenek, Nussio, Galfetti, Beethoven

In collaborazione con
Logo RSI Radiotelevisione svizzera

gio 16.10.2520:00

Concerti straordinari

Auditorio Stelio Molo RSI, Lugano

Programma

Ernst Krenek
(1900 – 1991)

Campo Marzio ouverture (1937)

8’

Otmar Nussio
(1902 – 1990)

Divertimento per orchestra da camera (1953)

  1. I. Allegro

  2. II. Andante sostenuto

  3. III. Minuetto

  4. IV. Rondò

18’

Duilio Galfetti
(*1965)

Divertissement Mélancomique per orchestra (2025, orch. Katie Vitalie)*

  1. I. Soleil printanier

  2. II. Lune cuivrée

  3. III. Scherzo musette

  4. IV. Valse de travers

  5. V. La Déesse Noire

21’



Ludwig van Beethoven
(1770 – 1827)

Sinfonia n. 5 in do minore op. 67 (1806)

  1. I. Allegro con brio

  2. II. Andante con moto

  3. III. Allegro

  4. IV. Allegro

31’


*Prima esecuzione assoluta

Concerto diffuso in diretta radiofonica su RSI Rete Due (rsi.ch/rete-due) e in videostreaming (rsi.ch/livestreaming)

90 anni di musica, 90 anni di appartenenza

Festeggiare i novant’anni dell’Orchestra della Svizzera italiana significa rendere omaggio a una storia intrecciata profondamente con la vita culturale, sociale e identitaria di un intero territorio.
Da quasi un secolo, l’Orchestra accompagna generazioni con la forza universale della musica, offrendo emozioni, bellezza e momenti di condivisione che superano i confini e parlano direttamente al cuore.

Un’orchestra non è solo un insieme di musicisti: è un organismo vivo, capace di trasformare il talento individuale in voce collettiva. È un luogo in cui la tradizione incontra la ricerca, in cui la passione di chi suona incontra l’ascolto di una comunità.
La sua presenza dà fiducia e continuità: testimonia che investire nella cultura significa investire in coesione, in futuro, in identità.

Questa Orchestra è nata e cresciuta qui, nel cuore della Svizzera italiana. Ha respirato l’energia di questa regione, ne ha raccontato l’anima e continua a farlo ogni giorno, in Svizzera e nel mondo. Ma soprattutto, appartiene a chi la sostiene, la ascolta e la sente propria.

Guardiamo a questi novant’anni non solo come a un traguardo, ma come a una promessa rinnovata: quella di continuare a essere una voce viva del territorio, una fonte di ispirazione, un ponte tra passato e futuro.
Perché un territorio che nutre la propria Orchestra è un territorio che crede nella cultura, nella bellezza e nella forza delle proprie risorse.
E un’Orchestra che vive del proprio territorio ne restituisce l’orgoglio, la forza e la bellezza, giorno dopo giorno, nota dopo nota.

Barbara Widmer
Direttore artistico OSI

Se la RSI nasce con la Radiorchestra

Per il Ticino la presenza di un’orchestra stabile ha rappresentato un salto culturale, nel senso che non solo le orchestre si sono insediate nelle città importanti, ma si sono fatte portatrici di quel repertorio sinfonico che non faceva parte della cultura italiana, dall’800 focalizzata sul patrimonio operistico. La Svizzera conta oggi 14 orchestre professionali, appartenenti a città dagli 80 mila abitanti in su. L’allora Radiorchestra ha quindi qualificato Lugano come centro di rilievo, benché negli anni ‘30, quando fu fondata, fosse ben al di sotto di quel livello demografico. L’apporto del repertorio sinfonico ha arricchito il quadro, aprendo l’orizzonte su altre culture, quella tedesca in particolare, in cui la musica detiene una posizione essenziale.

Non solo l’orchestra è nata grazie alla radio, ma anche la RSI è nata con l’orchestra. Nei primi decenni essa costituiva il costo maggiore, la componente più importante. Essa l’ha qualificata, come l’hanno qualificata il Coro e l’Orchestra Radiosa, i quali insieme ne hanno formato il “sound”. Grazie all’azione svolta dai programmi musicali prodotti in proprio, la RSI ha acquisito una personalità sonora originale, oltreché culturale, che le permette ancora oggi di occupare un posto ben definito nel panorama degli scambi di programmi tra le stazioni di Euroradio. Il suo valore è infatti da misurare anche come prodotto esportabile.

Gli ascoltatori che assistono dal vivo ai concerti sono una minoranza rispetto a quelli che, in diretta o in differita, li ascoltano alla radio, via internet o altro. Quindi gli strumenti di mediazione sono importanti per la diffusione della cultura musicale e la radio in questo senso rimane lo strumento principe, soprattutto puntando sulla produzione propria, originale, per affermare una sua personalità culturale, sfruttando i mezzi di cui è dotata.

Importante è stato anche il ruolo dei maestri stabili. Marc Andreae ha portato l’apertura al repertorio moderno internazionale, Alain Lombard ha perfezionato il lato esecutivo del repertorio tradizionale. Ma l’attenzione è da attirare anche sui predecessori, aperti sul primo ‘900 italiano, soprattutto su Leopoldo Casella, i cui programmi denotavano un interesse raffinato per autori in parte dimenticati ma che hanno caratterizzato degnamente quel momento. Forse oggi sarebbe opportuno riprendere quell’indirizzo, ritrovando un filone originale attraverso cui proporre la valorizzazione di un patrimonio di italianità, che dovrebbe competerci data la nostra posizione geografico-culturale (e di minoranza a cui si chiede di essere attiva nella sua promozione).

Carlo Piccardi
già responsabile di Rete Due e dei programmi musicali RSI

Dalla Radiorchestra all’OSI

«Ma che bisogno c'è di un’orchestra a Lugano?» Furono queste le affabili parole con cui il pretore della città, nonché presidente della Società degli amici della musica – e dunque il maggior esponente della vita musicale luganese – accolse, nel 1938, il vincitore del concorso per il posto di “Primo maestro all'emettitore nazionale del Monte Ceneri”, Otmar Nussio, ossia colui che per i successivi trent'anni avrebbe assolto al ruolo di maestro concertatore di quella piccola compagine fondata nel 1935 con il nome di Radiorchestra, che col tempo si sarebbe trasformata nell'OSI.

Quel freddo benvenuto, però, non demoralizzò il direttore grigionese, il quale, al contrario, moltiplicò i propri sforzi in previsione dell'appuntamento che avrebbe cambiato la storia musicale della Svizzera italiana. Il 5 novembre 1938, vennero, infatti, inaugurati i nuovi studi radiofonici alla foce del Cassarate con una sala appositamente destinata all'attività dell'orchestra. Per l'occasione, venne allestito un ciclo di concerti diretti da Nussio che si aprì proprio con il brano che chiuderà questa serata, la Sinfonia n. 5 in do minore op. 67 di Ludwig van Beethoven.

Pochi giorni più tardi – l'11 novembre – sempre nell'ambito di quei festeggiamenti, venne eseguita in prima assoluta l'ouverture Campo Marzio di Ernst Krenek, pagina commissionata dalla Radio, che qui dà inizio al programma. Il compositore austriaco, da poco rifugiatosi negli Stati Uniti, non sarebbe, però, apparso a Lugano che a guerra terminata – nel 1945. Fu allora che Nussio ebbe finalmente modo di incontrarlo e di descriverlo come «sempre intento a spiegare la sua cerebralissima musica. La eseguiva con la stessa impassibile metodicità con cui certi scienziati svolgono i loro esperimenti di fisica».

Giudizi piuttosto severi. Del resto, come compositore, Nussio si era formato alla scuola di Ottorino Respighi e in quell'ambito musicale, con qualche piccolo scarto, si sarebbe mosso per tutta la vita, come sarà evidente dall'ascolto del suo Divertimento per orchestra da camera – quasi un concerto per clarinetto, fagotto e corno, importanti nei ruoli solistici - composto nel 1953.

Quello stesso anno, peraltro, l'infaticabile direttore diede vita ai Giovedì musicali al Kursaal - serie poi confluita nei Concerti di Lugano - che voleva essere soprattutto una palestra dell'ascolto; un luogo in cui “la tradizione diventa il terreno da cui fiorisce l’innovazione” – proprio come ha scritto Duilio Galfetti a proposito del suo Divertissement Mélancomique, eseguito questa sera in prima assoluta. Cinque movimenti orchestrati da Katie Vitalie, “in bilico fra grottesco e malinconico, fra gioco e inquietudine” che guardano al neoclassicismo del Groupe des Six e si ispirano alla pittura simbolista di James Ensor. Fra gli effluvi sulfurei della Fée Verte – l'assenzio prodotto nella Val-de-Travers - e i fumi incandescenti della Déesse Noire - la locomotiva a vapore 241.A.65 – emerge la maschera del clown Dimitri, vero dedicatario dell'opera, del quale nel 2026 ricorrerà il decimo anniversario della scomparsa. Un omaggio alla Svizzera, dunque, ma anche ad un'orchestra, di cui la Svizzera italiana ha davvero ancora molto bisogno.

Davide Fersini

Enrico
Onofri

Enrico Onofri

Ruolo

Direttore

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Orchestra residente al LAC (Lugano Arte e Cultura) di Lugano, prosegue il suo cammino di successo fra accoglienze entusiastiche di pubblico e critica in patria e all'estero, nei maggiori teatri e sale di tutta Europa.

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