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Robert Treviño

Robert Treviño
Robert Treviño Direttore
Vilde Frang Violino
Musiche di: B. Bartók, J. Brahms

gio 23.10.2520:00

OSI al LAC

LAC, Lugano

Programma

Béla Bartók
(1881 – 1945)

Concerto per violino e orchestra n. 2 BB 117 (1938)

  1. I. Allegro non troppo

  2. II. Andante tranquillo

  3. III. Allegro molto

36’



Johannes Brahms
(1833 – 1897)

Quartetto per pianoforte n. 1 in sol minore op. 25 (1961), versione per grande orchestra (orch. A. Schönberg, 1937)

  1. I. Allegro

  2. II. Intermezzo – Allegro ma non troppo e Trio

  3. III. Andante con moto

  4. IV. Rondò alla Zingarese

44’


Concerto diffuso in diretta radiofonica su RSI Rete Due (rsi.ch/rete-due)


Il biglietto di questo concerto vale come titolo di trasporto valido nella data del concerto indicata in tale biglietto, quale carta giornaliera Arcobaleno, tutte le zone, in seconda classe (2.)(TK)(V).

Béla Bartók

Concerto per violino e orchestra n. 2 BB 117 (1938)

Prima esecuzione: Amsterdam, 23 aprile 1939. Direttore Willem Mengelberg, violino Zoltán Székely

Nel giudizio di Béla Bartòk sul collega Arnold Schönberg si constata la distanza fra chi cercava il contatto con la Natura (il folclore popolare) e chi elaborava un sistema che se ne distanziava (la dodecafonia): «(Schönberg) è esente da qualunque influenza popolare e il fatto che si sia totalmente distaccato dalla Natura – cosa che non condanno – è la ragione per la quale molti ascoltatori trovano la sua musica così difficile da comprendere».

Johannes Brahms

Quartetto per pianoforte n. 1 in sol minore op. 25 (1861), versione per grande orchestra (orch. A. Schönberg, 1937)

Prima esecuzione (quartetto): Amburgo, 16 novembre 1861

Prima esecuzione (versione per orchestra): Los Angeles, 7 maggio 1938. Direttore Otto Klemperer, alla testa della Los Angeles Philharmonic

Clara Wieck, vedova Schumann, prima interprete del Quartetto in sol minore di Brahms, da subito musa ispiratrice e consigliera del compositore, espresse perplessità sul bilanciamento delle modulazioni nel primo movimento e consigliò l’autore di cambiare l’indicazione del secondo tempo, a causa del suo carattere moderato, da Scherzo in Intermezzo:una definizione che diventerà uno dei generi più esplorati nella produzione per pianoforte di Brahms.

Un linguaggio tutto da esplorare

Caro pubblico,

sono lieta di esibirmi con l'Orchestra della Svizzera italiana e la direzione del Maestro Robert Treviño.

Per questa occasione ho scelto il secondo Concerto per violino di Bartók, caratterizzato da una varietà di atmosfere, quasi a rispecchiare gli influssi della situazione politica dell’Europa di allora sulla vita del compositore.

Venne scritto per il collaboratore di lunga data di Bartók, Zoltán Székely, che desiderava un concerto in tre movimenti, mentre Bartók voleva scrivere una grande opera con variazioni. Alla fine, trovò una soluzione: basò in modo innovativo il primo e il terzo movimento su un tema dodecafonico. Si può così sentire come la musica si trasformi e si sviluppi nel movimento finale.

Sebbene recentemente abbia eseguito questo concerto con l'Orchestra Filarmonica Nazionale Armena, sono entusiasta di continuare a esplorare il linguaggio di Bartók e condividerlo con il pubblico di Lugano. Non vedo l'ora di scoprire come questo concerto si svilupperà e si trasformerà nelle future esecuzioni!

Buon ascolto,

Vilde Frang

Bartók e Schönberg: amare diversamente Brahms

Il secondo Concerto per violino e orchestra di Béla Bartók e la trascrizione per orchestra del Quartetto per pianoforte, violino, viola e violoncello op. 25 di Brahms realizzata da Arnold Schönberg videro la luce in prossimità dello scoppio della Seconda guerra mondiale, evento tragico che accomunerà nel destino dell’esilio negli Stati Uniti il compositore ebreo austriaco messo al bando dai nazisti e il collega magiaro fiero oppositore dei collaborazionisti ungheresi. Pur seguendo strade distanti, entrambi nutrivano un’ammirazione comune per la musica di Brahms.

Bartók lo aveva assimilato da studente e anche nella maturità eseguiva le sue Rapsodie per pianoforte nei concerti che teneva da solista, o ne accompagnava al piano la Sonata per violino in sol minore.

Schöberg d’altro canto sentiva di essere l’anello finale della grande tradizione tedesca che da Bach passava per Brahms, al quale dedicherà un famoso saggio, Brahms il progressivo (1947), nel quale sottolineava l’importanza della tecnica con cui il compositore maneggiava il materiale tematico: la “variazione perpetua” che consentiva grande libertà nello sviluppo dei temi, mantenendone l’unità.

Giunto da poco negli Stati Uniti, Schönberg con la sua trascrizione voleva ribadire di essere parte della tradizione tedesca più alta, spiegando i tre motivi principali per i quali aveva intrapreso la trascrizione del Quartetto op. 25: «1. Mi piace. 2. È suonato di rado. 3. È sempre suonato male, perché anche il miglior pianista suona troppo forte e non si sentono gli archi. Ho voluto per una volta sentire tutto e penso di esserci riuscito». 

Al tempo di Brahms, il movimento che ebbe più popolarità non fu il lungo e misterioso Allegro tritematico, né il crepuscolare elegiaco Intermezzo – Allegro ma non troppo e Trio, né la lirica ricordanza dell’Andante con moto, ma il ribollente quarto tempo Finale (Presto) che Brahms battezzò Rondò alla zingaresca. Movimento finale che nella versione di Schönberg fa sentire nelle percussioni la mano del trascrittore, fino ad allora molto attenta a rispettare il timbro dell’originale.

Brahms, futuro autore delle Danze ungheresi, considerava il verbunkos, l’anima della musica magiara, ed è proprio la fresca serenità melodica e il vigore ritmico di quella danza che innervano il primo tempo del Secondo Concerto di Bartók. La riflessione di Bartók sul genere del concerto per violino a lui contemporaneo (studiò a fondo i concerti di Berg, Szymanowski e Weill) lo spinse verso uno stile chiarificato, più diatonico e melodico, tenendo presente la richiesta del solista e dedicatario, Zoltán Székely, di impiegare la forma del tema con variazioni. Concepì così un’architettura ad arco, due Allegri fra i quali incastonare il tema con variazioni, e raggiunse un equilibrio miracoloso, la decantazione della sua arte che si nutre dello spunto popolaresco e lo sublima nel dolore lirico dell’espressione umana.  

Giovanni Gavazzeni

Robert
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